sabato 16 gennaio 2010

"Sherlock Homes" (id.)

Nei panni di una sorta di Gordon Ramsay cinematografico, Guy Ritchie si dedica a reinterpretare secondo il suo personalissimo style uno dei "piatti" forti della tradizione letteraria.
Il lavoro sull'ingrediente principale è più formale che sostenziale: l'algido distacco unanimamente attribuito ad Holmes viene trascinato verso la guasconeria (come si fa a non essere pazzi di Robert Downey Jr. ...??) ed il regista inglese si diverte a sporcare il detective con la patina fumosa ed il dinamismo dei bassifondi londinesi, ad "umanizzarlo" con una cura a base di pugni ed acrobazie (per maggiori dettagli si consiglia di andare a riprendere quanto accaduto al James Bond di Daniel Craig...). Il cuore del personaggio non viene però toccato significativamente e ne vengono conservate le peculiarità, quali l'osten
tazione quasi inevitabile di superiorità o il muoversi in un mondo di cui la sua genialità gli svela passato e futuro (divertente ed efficace lo stratagemma dei flash forward durante i combattimenti).
Si passa poi all'aggiunta degli altri ingredienti. Il dottor Watson viene elevato rispetto al livello solitamente riservatogli dalla tradizione, aumentandone l'intraprendenza e le abilità, la complicità ed empatia con Holmes, riportando un po' più a galla quella parte della sua storia che dice "ex militare decorato"; impostazione resa quantomai evidente dalla scelta di affidare il ruolo ad un secondo violino di lusso come Jude Law
[Closer, Alfie, Gattaca]. Anche l'affascinante ladra interpretata da Rachel McAdams [State of Play, Red Eye, 2 single a nozze] si dimostra molto rispettosa dei canoni tradizionali, generalmente spogli di intrecci rosa, in modo molto apprezzabile visto che così la relazione sentimentale non pesa sulla storia come un inutile fardello, ma si rivela godibilmente giocata su una complicità fatta di sguardi e scaramucce verbali.
Diverso è invece il discorso che bisogna fare sul villain (il Mark Strong di
Body of Lies, RocknRolla, Stardust): nonostante si presenti inizialmente come l'ulteriore personaggio costruito bene, alla lunga denota uno scarso carisma e finisce con l'essere la spia del difetto principale della pellicola. Infatti, nonostante la sceneggiatura si dimostri molto ben realizzata formalmente (anche estremamente azzeccata nel rinfrescare i diversi topos holmesiani, recuperati nella loro quasi totalità, vd. ad esempio la spiegazione a posteriori dei punti oscuri nel meccanismo "giallo"), essa si rivela anche di poca sostanza nella costruzione della vicenda principale. La storia ha pochi elementi degni di nota, non si rivela mai particolarmente avvincente, sorprendente e finisce con il lasciare che tutto il lavoro gravi sulle spalle degli attori, anche se elementi apprezzabili come i diffusi richiami alla modernità sarebbero pure diffusi qui e là. In buona sostanza un'occasione sfruttata bene, ma distintamente al di sotto delle aspettative, quasi a voler attendere il prevedibile sequel per dare veramente fuoco alle polveri.

Voto: 7,5

Sufficientemente fedele alla tradizione ed abile nel rinnovarla, il film pur se estremamente godibile e ben fatto si rivela un po' deboluccio nel suo impianto narrativo.