venerdì 1 aprile 2011

"The Fighter" (id.)

"La boxe è qualcosa di innaturale, perchè si fa sempre tutto al contrario. (...) Invece di allontanarti dal dolore, come farebbe qualunque persona sana, gli vai incontro."
Quello che tace il Morgan Freeman di "Million Dollar Baby" è che spesso a spingere in avanti il pugile è proprio il dolore (interiore) che invece egli vuole lasciarsi alle spalle. Probabilmente è per questo motivo che le migliori storie di boxe sono quelle che hanno saputo raccontare meglio questo dolore, sino a farlo trasudare dalle immagini.
Al novero di queste migliori storie appartiene senza dubbio l'ultima fatica del 'desaparecido' David O. Russell, messa in scena del frammento più significativo della vita e della carriera di "Irish" Micky Ward, indissolubilmente e drammaticamente legate ai microcosmi della sua famiglia (nel senso tribale ed assolutizzante che solo irlandesi ed italiani sanno dare a questa parola...) e della piccola cittadina di Lowell, Massachussets.
Impugnando la macchina da presa, il regista di "Three Kings" decide di condurre la narrazione dando il medesimo peso ai tre mondi in gioco (pugile, famiglia, luogo) ed ottiene così un'opera molto più sfaccettata, ricca ed equilibrata di quelle invece maggiormente concentrate sul protagonista: esemplari in questo senso sono i diversi combattimenti, in cui il contesto esterno ha un valore pari, se non superiore, a quello di ciò che avviene tra le corde del ring.
Ad aiutarlo in questa scelta contribuisce notevolmente la sceneggiatura "da strada" stesa dal team guidato da Scott Silver, la penna celata dietro "8 Mile". Questo fatto non è puramente casuale e chiarisce limpidamente quale sia la chiave di volta intorno cui è costruita la vita cinematografica dei vari personaggi: l'ambiente che li circonda entra loro sottopelle, rimane loro addosso come un marchio incancellabile. Ogni istante ed ogni azione sono schiacciati da una mediocrità che non può essere lavata via, da un futuro già scritto cui sembra impossibile sottrarsi.
In questa pellicola tale coacervo di amarezza e sofferenza trova l'incarnazione perfetta in un gruppo di attori da applausi, partendo dai comprimari sino a giungere a quelli principali: se Amy Adams dimostra di possedere talento ed una bellezza multidimensionale, a strabiliare sono l'irriconoscibile Melissa Leo, che regala una matrona strabordante ed eccessiva (una sorta di Erinni dalla chioma cotonata 'Eighties Style' e dalla sigaretta sempre innescata...), e l'indescrivibile Christian Bale, capace di dare vita ad un tossicomane da antologia, con occhi, scarni lineamenti e movenze deformati e divorati dalla droga e dall'istinto autodistruttivo.
Mi si permetta un commento finale anche su Mark Wahlberg.
A mia memoria in nessuno dei suoi film è stato il migliore attore e di certo non ci troviamo di fronte ad un fuoriclasse della recitazione; è però impossibile negare come sia spessissimo l'uomo giusto al posto giusto nel film giusto (vi dicono qualcosa autentici cult sommersi come "Boogie Nights", "Shooter", "Four Brothers", "I padroni della notte",..?), grazie ad un stile comunque decoroso e ad una carisma fisico assolutamente di primo livello.

Voto: 8 1/2
Grande film sulla boxe in cui i combattimenti più feroci ed il dolore più lancinante appartengono alla vita fuori dal ring, ritratto a tinte intense di una America di provincia soffocata dall'inedia e dalla mediocrità (per amor di confronto vi consiglio "The Town" di e con Ben Affleck), "The Fighter" riesce nel compito gravoso di rendere onore ad una storia vera senza trasformarla nell'ennesima edificante favoletta a stelle e strisce.