giovedì 20 gennaio 2011

"Hereafter" (id.)

Ogni tanto mi sorprendo a chiedermi che sarebbe della mia opera di recensore se madre natura mi avesse fatto dono di quella genialità che rende in grado di descrivere la bellezza assoluta secondo la sua disarmante semplicità, necessitando di ancor meno parole di quante ne richieda la normalità...se così fosse sarebbe immensamente leggero l'affrontare la più recente creazione di Clint Eastwood, descrivere con poche pennellate la straordinaria essenza di arte cinematografica messa in opera dall'ottantenne regista americano.
Questo accade perchè egli torna, dopo la parentesi un po' più 'fredda' di "Invictus", a narrare storie in cui il singolo individuo risplende più della Storia, terreno sul quale è maestro senza eguali. Il suo cinema permette ai personaggi di 'esplodere' sullo schermo con i loro sguardi ed i loro dialoghi, accompagnandoli con il suo stile pulito e perfetto fatto di lente inquadrature che si muovono sullo sfondo di una colonna sonora (ancora una volta 'autocomposta') in cui il silenzio è efficace tanto quanto i delicati accompagnamenti di pianoforte e chitarra. La drammaticità della storia corre così verso lo spettatore proprio come se si trattasse di uno tsunami, in cui la incantevole quiete della storia deflagra nel breve volgere di pochi istanti travolgendolo e portandolo via.
Proprio lo tsunami del 2004 e l'attentato alla metropolitana londinese nel 2005 sono due dei momenti chiave del film, che infatti ruota principalmente intorno al tema della morte e, in modo secondario ma inseparabile come la faccia opposta della medesima medaglia, all'eros di greca memoria...
La fine dell'esistenza terrena viene però osservata concentrando lo sguardo non tanto sui momenti che la precedono, quanto su quelli che la seguono, in questo e nell'altro mondo (l'Hereafter del titolo...); servendosi delle storie di tre persone molto diverse tra loro, il tema portante del film viene dipanato da ciascuna di loro secondo un percorso estremamente umano (anche se qualcuno giudicherà forse eccessive le influenze new age) che, come fiumi uniti dal richiamo del mare, le porterà ad incontrarsi nel corso della vicenda.
Parte essenziale della grandezza del regista consiste proprio nel trattare gli interrogativi connaturati all'uomo in modo tale da non imporci, ma proporci il suo punto di vista, alimentando così il nostro moto ad interrogarci e scuotendoci dal rimanere passivi fruitori delle immagini che scorrono sul grande schermo (esempio irraggiungibile di questo meccanismo rimane "Million Dollar Baby").
Meravigliosa è la capacità di utilizzare il registro tragico, ma non da meno è la perizia nel raccontare con semplicità l'amore, che si tratti di fratelli, di amanti o di semplici sconosciuti che si incontrano ad un corso di cucina (la scena dell'assaggio vale da sola più delle decine di simili già viste in passato...).
In questo quadro vicino alla perfezione sono convinto che solo una nota a molti parrà dissonante, quella emessa da un finale insolitamente lieto; ho però la convinzione che si tratti solo di una sensazione frutto dell'incessante lavorio del mondo moderno, che ci abitua a considerare il finale pessimista come l'unico realistico (oltre a confondere i concetti di tragico e pessimista. Provate a riprendere in mano Gran Torino...a dispetto della tragicità il finale contiene indubbiamente un seme positivo).
E poi, in tutta onestà, non si sarebbe potuta definire degna una chiusura della storia che prescindesse dal sorriso della splendida Cecile De France......

Voto: 9
L'ormai 'noiosamente' meraviglioso Clint Eastwood ci regala un'altra gemma preziosa, appena una spanna inferiore a "Million Dollar Baby" e "Gran Torino", ma immensamente superiore alla gran parte dell'universo cinematografico conosciuto per capacità di emozionare e far riflettere.

lunedì 10 gennaio 2011

"Tron - Legacy" (id.)

Tornate con la vostra mente, solo per un attimo, alla sequenza conclusiva di "Ratatouille"... all'assaggio del piatto che dà il nome alla pellicola...... ricordate il vortice in cui viene risucchiata la memoria emotiva di Ego? Ecco, premessa doverosa a questa mia nuova recensione è che il nome Tron sortisce sulle mie "sinapsi" cervello-cuore il medesimo effetto... Facendosi compagna del passaggio tra infanzia ed adolescenza, la pellicola del 1982 è infatti divenuta il simbolo della prima generazione vera e propria di videogiocatori, contribuendo alla creazione di un nuovo filone della fantascienza.
Diramatasi dal genere classico (che nelle 'galassie' del grande e del piccolo schermo aveva già collocato quelli che sono tutt'ora i suoi capolavori) essa ha posto le fondamenta del cyberpunk cinematografico, che toccherà il suo vertice diciassette anni dopo grazie ad un nerovestito figuro di nome Neo, avente come fulcro la creazione su base elettronica di mondi paralleli al nostro. Proprio questa motivazione ha spinto ad adottare il gioco elettronico come modalità più semplice ed efficace di rappresentazione di questa realtà alternativa, scelta che oggi parrà sin troppo obsoleta, ma che non mancherà di suscitare un sospiro di nostalgia in quanti hanno vissuto in prima persona un periodo storico.
L'impressione forte è che proprio a questo pubblico sia rivolto il film diretto dall'esordiente Joseph Kosinsky, risultando più come un raffinato omaggio che come un vero e proprio tentativo di creare qualcosa di nuovo.
Gli indizi sono disseminati ovunque, a partire dalla scelta di mantenere pressochè invariata (fatta salva la normale evoluzione degli effetti visivi) la cifra stilistica con cui viene messo in scena l'universo di Tron, esaltandone forse anche la "glacialità" elettronica di colori ed ambienti.
Il medesimo discorso si può condurre per il comparto narrativo, in cui lo snodo principale (collocato nel mondo digitale) perde in poco tempo qualsiasi connessione con lo spunto ambientato ai giorni nostri, il cui sviluppo viene interrotto sul nascere (le vicende della ENCOM, il duello appena accennato appena accennato tra il protagonista ed il personaggio di Cillian Murphy, ridotto allo status di cameo). La trama si dipana in una sorta di limbo cristallizzato fuori dal tempo, ricalcando così fedelmente gli stilemi del primo episodio al punto tale da correre il rischio di spiazzare quanti non abbiano già familiarità con la storia precedente (i flashback disseminati qua e là aiutano solo parzialmente); il filo conduttore è solo superficialmente quello tecnologico (l'introduzione degli ISO serve a dare un minimo di struttura alla storia), essendo invece rappresentato dal rapporto padre/figlio in tutte le sue coniugazioni (Kevin/Sam Flinn, Quorra - Kevin Flinn, Clu 2.0 - Kevin Flinn...)
Tirando le somme, il risultato finale finisce però per essere caratterizzato da essenzialità e ritmo fluido, elementi che segnano un punto a favore di questo nuovo capitolo della storia di Kevin Flinn; così il quadro complessivo risulta indubbiamente positivo, tanto più perchè impreziosito da un cast azzeccato (in cui spiccano la presenza e gli occhi magnetici di Olivia Wilde ed un Michael Sheen perfetta mimesi di Ziggy Stardust...) ed una colonna sonora capolavoro (che siate o meno appassionati di musica elettronica...)

Voto: 7 (8++ se siete tra coloro che durante la scena della sala giochi hanno cercato di indovinare i diversi coin-op dalla forma del cabinato...)
Sentito omaggio ad uno dei film culto degli Anni Ottanta, Tron - Legacy viene parzialmente penalizzato dall'essere troppo ancorato ad un concept che a molti potrà sembrare datato e che quindi non potrà possedere a pieno il fascino visionario dell'originale. Visto però nell'ottica di una sorta di recupero filologico, inutile negare la bontà del risultato di make-up e rifinitura, che regala allo spettatore piccole gemme visive e sonore.