sabato 20 marzo 2010

"Invictus" (id.)

"Dal profondo della notte che mi avvolge, buia come il pozzo che va' da un polo all'altro, ringrazio tutti gli dei per la mia anima indomabile".
Questi sono i versi che aprono la poesia di W.E. Henley in cui è racchiusa la chiave di volta del nuovo film di Clint Eastwood , storia di un uomo che mantenne il cuore 'invictus' nonostante gli sferzanti colpi della sorte, che con il suo esempio spinse una nazione intera a rialzare la testa e due popoli in guerra tra loro a scoprirsi come le due diverse facce della stessa medaglia.
Per la terza volta (dopo i gemelli "Flags of Our Fathers" e "Letters from Iwo Jima") il maestro americano torna a misurarsi con la Storia, che questa volta ci fa osservare usando come una lente la figura di Nelson Mandela (interpretato in modo indescrivibile da Morgan Freeman, che ne ruba sembianze, movenze, carisma...), adottando il punto di vista dell'individuo che è riuscito ad elevarsi al di sopra di essa sino a riscriverne le pagine e a farne riscrivere le pagine a uomini e donne che mai avrebbero immaginato di poterlo fare, proprio come accadde ai membri della nazionale sudafricana che contro ogni aspettativa trionfò ai Mondiali di rugby del 1995.
Perchè questa è anche una storia di sport (per l'ennesima volta la più semplice e concreta metafora della vita) e di come venne usato là dove la coltre di diffidenza ed odio sembrava insuperabile: è quasi un logico segno del destino che questo sia stato possibile grazie al rugby, disciplina 'poesia del sacrificio' ed emblema quasi insuperabile di coesione e di volontà indomabile.
La principale sfida che il regista di "Potere Assoluto" ha dovuto affrontare è stata quella di far traspirare dal grande schermo le sensazioni proprie del rugby senza spogliarlo di ogni parvenza di realismo, sfida inevitabile per chi decide di narrare storie di uomini e di sport: il risultato finale è veramente buono, probabilmente soddisfacente anche per i puristi, soprattutto grazie alla scelta di concentrare poco l'attenzione della telecamera sull'ovale e di utilizzarla invece per esaltare al massimo la fisicità fatta di dinamismo ed impatti, di fatica insostenibile e risolutezza a non cedere mai.
Questa sfida vinta però accompagnata da un inesplicabile senso di incompletezza, quasi di insoddisfazione, che sorge nello spettatore. Il percorso che ci ha condotto sin qui è passato attraverso "Million Dollar Baby", "Changeling", "Gran Torino" ed avvertiamo che le sensazioni provate non sono le stesse, che le emozioni suscitate vibrano solo in superficie e non ci scuotono nel profondo. Sembra quasi che sia smarrita la tensione drammatica nella narrazione (fa capolino a tratti solo nella sequenza del carcere), forse perchè la volontà dei personaggi di lasciarsi il passato alle spalle viene tradotta sin troppo concretamente nel film (quasi nulli i flasback o i richiami ad esso...) e le loro azioni risultano così impoverite di significato. E questo contribuisce a far sì che lo spettatore si senta un po' più distante da una vicenda che già di suo è talmente vera ed incredibile da risultare falsa ed eccesivamente retorica.
Può capitare qualche volta che la storia che ci viene raccontata non ci colpisca molto favorevolmente, ma questo non significa non apprezzare od ammirare l'opera del narratore. Soprattutto se, come nel caso di Eastwood, sia il miglior narratore che potreste desiderare.

Voto: 8
Il solito, immenso Clint Eastwood alle prese con un film sulla Storia, sull'uomo e di come abbiano deciso di incontrarsi su un campo da rugby: per una volta "solo" cinematograficamente perfetto e un po' meno emozionante delle ultime meravigliose opere.

10 commenti:

TrinaCrew ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Mat ha detto...

Stupendo! Grazie BARBARA!

barbara ha detto...

Ho sentito diverse critiche sul fatto che il film sia fin troppo positivo e che sembri quasi un'agiografia; però, insomma, a me Invictus è piaciuto moltissimo, e mi ha fatto riflettere anche sull'atteggiamento di chi, in qualità di politico o anche semplice funzionario, lavora in un ente di governo a diversi livelli, nazionale o regionale.
E durante tutta la seconda parte, ogni volta che calciavano il pallone, sono stata attenta a quello che mi avevi detto riguardo alle strane direzioni prese dalla palla..

Che ci dici invece di Alice in wonderland?

The Screensurfer ha detto...

L'ho postato sabato...aspetto tuo commento...

TrinaCrew ha detto...

Uno di quei film che piace a tutti. Che non può non piacere. Eastwood racconta con cura, pulizia, puntualità, una storia vera che scorre con grande fluidità, prevedibile anche a chi non conosce la storia.
Tutto bello anche troppo perché la storia (vera) è diversa. Non nella sostanza ma nei modi. Nel film che si riferisce ad un periodo difficile e “rivoluzionario” per la storia non solo del SudAfrica tutto sembra agevole, quasi nessuna traccia di violenza, di tensioni (si accennano, quasi forzatamente, di certo in maniera distratta e superflua). Ogni residuo del passato sembra svanire nel tocco taumaturgico di un Madiba di poco umano che pare calato dall’alto anziché venuto dalla storia (a parte la poesia letta nell’angusta cella: chi è Mandela, perché ha passato gran parte della sua vita in prigione?Dove sono finiti quelli che mettevano in pratica la segregazione?Come avvenne il passaggio al nuovo status istituzionale?...). Se tuttora le violenze esistono come è possibile che nel frangente raccontato da Legno del’Est fossero per svanite nella magia di una match di rugby.
Non ci si sbilancia nell’analisi sociopolitica, molto di più su una partita di rugby che fece da sfondo alla storia cogliendone molto bene il simbolo di rinascita, è vero, ma concependo ad una via di mezzo tra un documentario fatto male e una ricostruzione di una partita fatta molto bene.
Ovviamente – tuttavia – il film non può essermi che piaciuto.

barbara ha detto...

Andrò a vederlo tra un paio di settimane e poi ti dirò!

barbara ha detto...

Un mio collega di lavoro dice che Eastwood ha voluto ricordare Brian Habana nel film, creando il personaggio del ragazzetto che prima rifiuta la maglia degli springboks e poi ascolta la cronaca della finale con i poliziotti. Facendo i conti, l'età dovrebbe corrispondere.
che ne pensi?

The Screensurfer ha detto...

L'idea è molto suggestiva..anche plausibile per la questione età (classe '83 il ragazzo)..
Ma mi sembra un filino troppo criptica..ragionando puramente a memoria, non ricordo elementi inseriti da Eastwood che indirizzino decisamente verso quella interpretazione..
Però è solo la mia visione..

Anonimo ha detto...

Un Morgan Freeman eccezionale, una bella storia nel sudafrica di Mandela.
A parte quella che tu chiami la "chiave di volta" non questo film mi ha lasciato un po' sospeso. Mi trovo sempre perplesso quando si rappresenta in un film uno sport di squadra. Giustamente tu dici: si é fissato sui contatti e sull'agonismo.. Mah non saprei, non mi ha convinto in ogni caso, riconosco che non é facile fare film su calcio e rugby (l'unico bello resta forse fuga per la vittoria).

Lo riguardero` volentieri un'altra volta e magari ne riparliamo..

Unknown ha detto...

Come sostiene il mio amico Pise (giovane regista di sicuro successo...nel porno), sembra che questo film non sia di Clint. Mi spiego: tutti i film che ha fatto sono tosti da digerire, incredibilmente interessanti ma tosti. Sono sicuro (e la tesi di Pise mi dà forza di pensarlo) che questo film gli sia stato commissionato dal Comitato per i Mondiali di calcio del Sudafrica