lunedì 7 marzo 2011

"Black Swan" ("Il cigno nero")

Affondando le radici del suo pensiero sino alle tradizioni mitologiche del mondo antico, C.S. Jung elaborò il concetto di Ombra, il lato oscuro ed inconscio dell'animo di ogni uomo, coacervo delle sue pulsioni e di quegli istinti che egli ritiene inaccettabili.
Vittima della fascinazione che l'arte da sempre subisce nei confronti di questa realtà, Darren Aronofsky costruisce il suo film per scrutarla nascostamente, per sorprenderne i lampi e la brama di emergere al mondo esterno; per farlo compone come sfondo della vicenda la messa in scena de "Il lago dei cigni" di Čajkovskij, magnifica ode al tema del doppio.

Come in "The Wrestler"egli sceglie di usare la macchina da presa portandola quasi a sbattere contro i personaggi, ossessivamente, quasi fino a denudarli: grazie anche alla fotografia cupa e monocromatica, questo stile 'realista' toglie ai corpi l'algida poeticità, ma restituisce loro la carnalità più assoluta (esemplare la sequenza con la fisioterapista). Anche nel ritrarre l'azione dei ballerini, con movimenti vorticosi e di velocità sempre differenti, si ottiene l'effetto di trasmettere ai gesti drammaticità e passione insostenibili.
Il tema del doppio è l'essenza del film e la sua ragion d'essere, ma non il punto più importante: la perfezione è il punto di fuga della storia, la sua ossessionante ricerca è il motore degli eventi. Per dipingere questo contesto la musica classica diviene uno strumento senza pari, soprattutto se fiorita dall'immaginazione di
Čajkovskij: essa aleggia sopra i personaggi come simulacro di irraggiungibile perfezione, incombendo su ogni singola azione come monito della altrui fallibilità, frustrando i corpi e le menti sino a costringerli ad infrangere i propri limiti. Anche nella sua incarnazione moderna la musica è elevata al rango di protagonista, traducendo in modo quantomeno efficace lo stordimento e l'ebbrezza selvaggi che esplodono con il crollo delle inibizioni.
Per mantenere inalterata la carica drammatica di questo carnale flusso di emozioni è però indispensabile trovare dei corpi perfetti con cui trasmetterlo: l'inquietante madre Barbara Hershey (irrisconoscibile al pari del Mickey Rourke di due anni fa), la rivale tentatrice Mila Kunis (in decisa crescita attoriale e perfettamente in parte) ed il solito Vincent Cassell (di immutati fisicità e magnetismo) sono però solo gradini di una piramide sulla cui cima si posa Natalie Portman. La sua prova lascia letteralmente a bocca aperta, strabiliando ad ogni inquadratura per come riesca a recitare due ruoli opposti passando dall'uno all'altro con il semplice mutar di uno sguardo, per come reciti con ogni parte del corpo, colpendo al petto lo spettatore con ogni sua singola emozione, trascinandolo con sè in una spirale autodistruttiva.
E' un vero peccato che il punto debole della pellicola giaccia proprio in questa caduta verso la perdizione, verso cui lo spettatore è sospinto: il regista la conduce sino all'eccesso, sino ad un livello quasi disturbante, perdendo qualche volta il controllo della storia e dello spettatore, che si ritrova smarrito e disorientato dal balzare confuso tra realtà e fantasia.

Voto: 7+
Moderno tributo ad una tema quantomai affascinante, il film dipinge in modo brillante la battaglia tra il nostro lato chiaro ed il nostro lato oscuro servendosi come strumento di un'altra forma d'arte, il balletto, e dei corpi che ne sono gli strumenti. La perfetta mimesi che si viene a creare con la strepitosa protagonista non viene però guidata con perizia, finendo per rendere il risultato confuso, troppo 'eccessivo' e fine a sè stesso.

1 commento:

barbara ha detto...

dovresti iniziare a scrivere le spiegazioni delle opere d'arte che abbiamo visto sabato al maxxi, ecco trovata l'Idea x sfondare!