mercoledì 23 marzo 2011

"Burke & Hare" ("Burke & Hare - Ladri di cadaveri")

Chissà cosa sarebbe successo nel fantasioso caso in cui Leonardo da Vinci, dopo una deriva artistica più che ventennale seguita ai suoi capolavori (e popolata solo di opere sempre più trascurabili...), avesse deciso di rimettere mano ai pennelli per ritrarre nuovamente una nobildonna fiorentina... Molto probabilmente la reazione dei contemporanei sarebbe stata un misto di diffidenza e curiosità, la prima frutto del deludente esilio creativo e la seconda generata dalla grande ammirazione per le opere passate.
Nei medesimi panni mi sono ritrovato una volta posto di fronte all'ultima creazione di John Landis, regista di magistrali film come "Tutto in una notte" ed "Una poltrona per due", alle prese con il suo primo vero 'buddy movie' dopo "The Blues Brothers" (semplicemente, uno dei dieci migliori film di sempre...).
Com'è ovvio che sia, il primo e fondamentale passo in questo genere cinematografico consiste nella scelta della coppia protagonista, che in "Burke & Hare" è decisamente indovinata.
Il mascalzone idealista e dall'animo buono ha le fattezze di Simon Pegg, ormai familiari anche agli spettatori meno cinefili. Ancora una volta l'attore inglese si dimostra un vero e proprio fuoriclasse della risata a tutto tondo, con il suo personalissimo mix di ironia e comicità involontaria da uomo qualunque che gli permettono di trovarsi a suo agio svariando dalla commedia brillante sino alla parodia. Ad indossare i panni del suo compare dal ghigno e dallo sguardo furfanteschi troviamo invece niente meno che il prodigioso burattinaio Andy Serkis, nel passato in grado di stupirci infondendo vita ed emozioni in fredde marionette digitali; il trovarselo di fronte in carne ed ossa conferma ancora una volta la sua predilezione e la sua innata abilità per le performance sopra le righe, che diviene però quasi incapacità di utilizzare un registro dai toni più bassi.
L'accoppiata funziona alla grande, per affiatamento e capacità di trasmettere lo humor nero di cui è permeata la pellicola, che scorre piacevolmente con tempi studiati al centesimo. Il merito della regia e della sceneggiatura è infatti quello di usare una vicenda con precise e drammatiche fondamenta storiche come se si trattasse del canovaccio di una commedia surreale, solamente a tinte un po' fosche: questo da un lato conferisce alla storia una certa solidità e coerenza/plausibilità, mentre dall'altro la alleggerisce, donandole una vivacità ed un brio che altrimenti le sarebbero sconosciuti.
Nell'osservare dall'esterno la perizia con cui questo lavoro viene condotto si ha la fortissima impressione di trovarsi davanti ad un gran film piovuto direttamente dagli Anni Ottanta, con gli immutati pregi di abilità cinematografica, ma anche con il difetto di essere stato costruito come se gli ultimi trent'anni non fossero esistiti (fatta eccezione per il grande cast), a causa di una linearità forse eccessiva che finisce con il mantenere nello spettatore un certo distacco dalla storia che prende forma sul grande schermo.
Anche a voi l'ingrato fardello di stabilire se di difetto si tratti oppure della nostro progressivo disabituarci ad apprezzare le cose semplici...

Voto: 7 1/2
Il ritorno dietro la macchina da presa di uno dei geniali artisti che meglio ha saputo dare voce e volto agli Anni Ottanta cinematografici regala allo spettatore un'opera costruita con una abilità che tecnicamente non teme lo scorrere del tempo, ma che forse si incrina un po' quando spostiamo lo sguardo sulla capacità di catturare e trascinare con sè lo spettatore di cui i suoi lavori precedenti erano magnifici esempi...

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